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Vladimir Kantor, Il coccodrillo

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Vladimir Kantor, Il coccodrillo

Vorrei scappar via, ma si può mai fuggire da se stessi?”

Sono anni che frequento PordenoneLegge, il bellissimo festival dei libri e della lettura che si svolge intorno a metà settembre nella mia bellissima città natale, e ogni anno mi aggiro curioso e timido intorno all’esposizione di Amos Edizioni.

Negli ultimi due anni dell’appuntamento letterario mi sono fatto un po’ più di coraggio, avvicinandomi e scambiando alcune parole con Michele Toniolo, anima e braccia di questa realtà editoriale coraggiosa. Per questo ora mi accingo a presentare la #recensionecoraggiosa di un libro stupendo, tra i tanti realizzati da Amos Edizioni:

Il coccodrillo, scritto da Vladimir Kantor, tradotto da Emilia Magnanini, numero 7 della Collana Highway 61.

Il romanzo è ambientato a Mosca, all’inizio della seconda metà del secolo scorso dove, l’idea di incontrare un coccodrillo in carne e ossa, appare per lo meno curiosa. Se leggete però la quarta di copertina, scoprite che Mosca, in balto antico, significa paludosa, e così il tutto acquista una sua plausibilità.

Il protagonista di questa storia, Lëva, è un intellettuale che affonda i suoi passi proprio nella palude, dell’alcol, e affronta così i suoi ultimi giorni, con bevute memorabili, e in con la presenza apparentemente inquietante ed incomprensibile di un coccodrillo.

Lëva è uno studioso, di formazione filosofica, ma …”malgrado la sua formazione filosofica, non riusciva a cogliere le relatività della vita.”

Ha un buon numero di amici, colleghi, come lui amanti della bottiglia e del bicchiere ricolmo, ma lui spesso si poneva questa drammatica domanda:

A chi potrei raccontare la mia angoscia?”

Quindi conosciamo un uomo molto intelligente, con un lavoro dignitoso seppur carico come per tanti di noi di problematiche continue e fastidiose; un uomo con numerosi amici, non poche donne con le quali ha rapporti di rara intensità emotiva nonostante la sua presenza estetica non sia delle più invitanti, e considerato che l’autore è la prima cosa che ci descrive iniziando il romanzo.

Lëva fuori è una persona, dentro è un’altra. Tema eterno, tema interessantissimo, tema infinito da esplorare.

Era ormai sulla soglia dei cinquanta e che cosa aveva creato, che traguardi aveva raggiunto, in che cosa aveva avuto successo?”

Lëva convive, consapevolmente (?) con un suo doppio: dice e pensa cose, ne fa altre. Si pente, si auto flagella, e ricomincia da capo, fino a desiderare di fuggire da se stesso, dominato com’è da metastasi diffuse del senso di colpa.

Questa opera scritta è a mio parere di grande valenza, sia letteraria che psicologica e sociale.

È scritta molto bene. Contiene un flusso di coscienza profondissimo, riportato al lettore all’interno di una storia verosimile, raccontata con i giusti ritmi e ambientata nei luoghi della vita ordinaria, a render ancora più plausibili se necessario, i fatti riportati.

Ironia e humour, concretizzato quest’ultimo da un’interessante presenza di piccole barzellette lungo il percorso, donano al romanzo una preziosità superiore.

Grazie all’autore Vladimir Kantor per il suo lavoro, ricordando che “Le Nouvel Observateur” lo ha classificato tra i primi venticinque filosofi di importanza mondiale, e un enorme attestato di stima a Michele Toniolo per aver investito in questo capolavoro.

Leggete “Il coccodrillo”. Leggetelo, vi farà bene!

Perché non ho resistito? Perché gli sono corso dietro?”

 

Recensione di Claudio Della Pietà a Il coccodrillo di Vladimir Kantor, Amos Edizioni, Collana Highway 61, traduzione di Emilia Magnanini, pagg. 308, euro 18.

Leggi anche questa recensione coraggiosa di Claudio Della Pietà.

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