Si tratta di un piccolo capolavoro, pubblicato negli anni ’30 del Novecento.
L’autore, scrittore molto conosciuto a quell’epoca, è stato ripescato sapientemente da Einaudi.
Boemia, 1920: la Cecoslovacchia è diventata una Repubblica alla fine della Grande Guerra. Il clima storico è quello delle guerre civili in Unione Sovietica, tra Rossi e Bianchi.
I due principali personaggi, il narratore Bernard Spera e il principe colonnello russo, avventuriero e seduttore, sembrano tratti dal romanzo russo dell’Ottocento (per capirci più Gogol o Dostoevskij minore che Tolstoj).
Lo scenario, splendido, è una tenuta in Boemia contesa tra nobili, borghesi arricchiti e piccoli coltivatori.
L’aspetto più originale del romanzo è la voce del narratore, che ne forma anche il carattere: non si tratta di semplici, costanti intrusioni nella struttura narrativa, ma di ribaltamenti emotivi e psicologici continui e reiterati, che si riflettono sugli eventi narrati e sulla focalizzazione dei personaggi.
Tutta la vicenda è “instabile”, attraversata da quella corrente di follia che caratterizza ben conosciuti romanzi russi dei decenni precedenti questo.
In definitiva l’autore scrive un’opera che esaspera e sublima la nozione di finzione, mascherata da uno scenario solo apparentemente realistico, e tuttavia costantemente smentito dalle invenzioni narrative che rendono piacevole e sorprendente la lettura.
Umberto Stradella
Recensione a La fine dei vecchi tempi di Vladislav Vančura, Einaudi, 2019, pagg. 392