Amnistiato il 20 aprile 1951, grazie a uno stratagemma giuridico del suo avvocato Jean-Louis Tixier-Vignancour, Louis-Ferdinand Céline ritornerà in Francia dall’esilio in Danimarca a luglio, stabilendosi infine a Meudon, nei pressi di Parigi, in una villetta sulla route de Gardes. Lì continuerà a fare occasionalmente il “medico dei poveri” e mentre la moglie Lucette terrà corsi di danza, firmerà un contratto con Gallimard per la ristampa dei suoi libri – tranne i famigerati pamphlet – insieme alla pubblicazione di nuovi titoli, che avranno scarse vendite.
Il momento di svolta della fortuna céliniana nel secondo dopoguerra avverrà solo anni dopo, nel 1957, con l’uscita di Da un castello all’altro, primo volume della “Trilogia del Nord” ripercorrente l’odissea tra Germania, Danimarca e Francia dei coniugi Destouches assieme ai successivi Nord e Rigodon. Il libro attirerà l’attenzione della critica anche grazie allo scalpore provocato da una intervista della giovane giornalista Madeleine Chapsal a Louis-Ferdinand Céline pubblicata su “L’Express” del 14 giugno 1957; come in altre interviste, al di là dei temi toccati, sin dalle prime battute sarà Céline a condurre la conversazione, portandola sui binari di una vertiginosa invettiva.
In questo stesso sincopato registro rientra l’intervista, in gran parte inedita, appena riemersa tra le carte del bibliofilo compulsivo e libraio parigino Serge Wasersztrum e pubblicata su “Le Figaro” del 20 aprile scorso, grazie all’autorizzazione dell’avvocato François Gibault e Veronique Robert-Chovin, concessa nel 1960 da Céline al giornalista Roger Mauge di “Paris Match” proprio all’uscita del romanzo Nord, e che l’intervistatore utilizzò solo per alcuni virgolettati del suo articolo.
Riportiamo quindi di seguito un estratto di questa conversazione – o meglio monologo – con un Céline a ruota libera sull’editoria e la letteratura (povera Françoise Sagan!), il sesso, la guerra e il declino del mondo occidentale, ma anche capace di puntuali citazioni di Voltaire e di considerazioni rivelatrici di una certa conoscenza dell’arte, dal pittore di scene di battaglia Ernest Meissonier (1815-1891) agli Impressionisti.
Andrea Lombardi
(Traduzione dell’intervista di Valeria Ferretti)
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Letteratura, sesso, la Sagan, la guerra: l’intervista choc di Céline ritrovata dopo 63 anni
M_ Ha una miniera, con tutto quello che è successo durante il periodo bellico e dopo…
LFC _ Vede, la sfrutto anch’io. E questa cosa rende gelosi gli altri che dicono: “Cazzo, quello stronzo ne approfitta”.
M_ Tutto quello che è successo durante i pochi mesi in cui il suo libro si svolge è profondamente drammatico…
LFC_ Oh! Si svolge su un bel po’ di tempo, anni direi! Un fuorilegge, per questo si deve essere fuorilegge, cioè essere nella morte. L’essere condannato a morte, beh, ti rende un personaggio speciale. Tutti vogliono condannarti a morte, ovvio, ma, diciamo, in modo legale, eh. Sì, è divertente. Bene, allora ecco il caos. Non vediamo spesso un caos sociale. Tutto viene ribaltato, no? C’è uno strano modo di passare dietro le quinte per guardare. Allora si passa dietro le quinte e vediamo che tutto va a rotoli, che ognuno fa “kaputt” ed esce di scena. Bene. Quindi è tutto un po’ confuso. Allora, dio mio, è già una fortuna che la gente mostri interesse, ma in realtà non sono molto interessati. Continuano a interessarsi alla storia della tabaccaia. La cosa invece spassosa è osservare qual è il gusto del pubblico. Beh! Il gusto del pubblico incontra il romanzo popolare. Il romanzo popolare è fantastico. Semplice, e in effetti è questo il più venduto. La vera lettura non è mica in libreria, no! È dalla merciaia, all’edicola, alla caffetteria della stazione. È lì che si comprano i libri. La riprova è che i Delly fanno 150 milioni di profitto all’anno. In un attimo. C’è una vecchia ridicola e pretenziosa, qui vicino, la Desmarest. Fa un libro. Mai una riga di recensione. Mai una riga di niente di niente. E si fa 20 milioni in un batter d’occhio.
M_ Oppure Françoise Sagan?
LFC_ Sì, stessa cosa. È scappata dalla merceria.
M_…dopo essere passata da Saint-Germain-des-Près…
LFC_ Oh, sciocchezze! Non c’è proprio portata. È gente che non c’è portata […]. Che cosa doveva pensare Meissonier di Van Gogh? Era un re dell’epoca, Meissonier. Punto.
M_ C’è un paese in cui queste idee sono attualmente in vigore, nell’URSS. È Meissonier che è al potere e che vieta Van Gogh.
LFC_ Sarà così qui un domani. Allora naturalmente, è un libretto, uno di quelli fuori tempo. Ho un sogno. Quello di avere i due Nobel, quello della Pace e quello della Letteratura, perché questo mi caverebbe fuori dai guai. Ho chiesto, chiedo ovunque. Non arrivano, no. Ma i due Nobel, mi farebbero comodo, oh ne sarei contento. Ma allora sì, sì, Voltaire lo diceva, nevvero, in modo malinconico, ed è raro che Voltaire fosse malinconico ma un bel giorno lo fu e disse: “Leggo molti tragici greci ma non ne vedo che tre: Sofocle, Euripide ed Eschilo. Trattano tutti e tre gli stessi argomenti contemporaneamente e poi dopo, basta. Non c’è più nessuno”. Insomma, è un po’ quello che è successo in Francia con l’impressionismo; ci sono dieci grossi impressionisti, soprattutto tre o quattro molto importanti et poi dopo, gli imitatori. È come un fuoco d’artificio. Dopo, non c’è più niente. […]
M_ Gli intervalli di tempo ci sembrano lunghissimi, venticinque, cinquant’anni, ma alla fine non sono poi così lunghi. Non ci possono essere genî ogni cinque anni.
Genî, no. Questa è la parte spettacolare, siamo d’accordo. Ma per esempio sento spesso dire: “Tizio ha una portentosa lingua teatrale. Oh! Che battute! Sono splendide! Che forza, che presenza!” allora io leggo, osservo, cerco la forza, la presenza. Non c’è niente. “Oh! Questa battuta…è stato sorprendente. Vedrà quel che ha detto!” E invece…il nulla. È mortale. Non è nemmeno brutto, no, anzi. Cercando bene, avevo visto tre, quattro tizi che avevano avuto un’intuizione, che c’erano quasi arrivati. Erano Ramuz lo svizzero, Paul Morand e poi Barbusse. Visioni diverse, generi diversi che avevano percepito la rottura del ritmo. I vomitevoli Bordeaux, Bourget, Anatole France. È carino Anatole France, è molto elaborato, davvero niente male, è grazioso ma poi mi chiedo: “E dopo?” Benissimo, l’ha portato al massimo grado ma adesso ci sono solo dei mezzi scemi, dei pezzenti e delle straccione. Nient’altro.
M_Credo di aver letto quasi tutti i suoi libri e ho letto quest’ultimo tutto d’un fiato. Mi ha colpito il fatto che non ci fossero scene di sesso.
LFC_Eh, ma c’è il Procuratore. Qui il Procuratore non ha niente da ridire, ma sono certo che se ci fosse il benchè minimo accenno al sesso, allora ci sarebbe un buon padre di famiglia, un Resistente particolarmente virtuoso che non esiterebbe a scrivere al Procuratore.
M_C’è comunque un vecchio che si fa fustigare.
LFC_ Sì, quello sì. Ma il resto lo lascio alla Sagan. Adesso, è tutto della Sagan, di Sartre. Tutta quella gente si abbandona al sesso. Oh! Il sesso! Povere piccole merde! Non si reggono su ritti. Mancano di vigore. Io che ho trascorso la vita tra i culi delle ballerine! Che cosa andrà cercando, la povera piccola Sagan, con i suoi fiammiferini. […] È una rottura il sesso, no? Perché il francese è “libertino”, dobbiamo essere “libertini”. Allora avanti tutta Vecchio Arrapato! “Oh! Mi piace da matti! Oh!” ed è così alla radio tutto il giorno. “Oh! Come mi prendeva! Oh, lo adoro, oh! Il mio Uomo!”. […]
M_I suoi personaggi esistono davvero o sono tutta farina del suo sacco?
LFC_ Hauboldt, esiste. Mattke pure.
M_ È simpatico Hauboldt.
LFC_Sì, diciamo che rappresenta bene i tedeschi che non esistono più, la razza che abbiamo distrutto, insomma, è finita. Era gente come quella del Rinascimento, pronta a tutto, che era umana e per niente stupida. Non se ne trovano più di persone così. “Tutto finirà con la canaglia”, diceva sempre Nietzsche. È vero. Ci siamo. […] [Il regime nazista è stato] tirato su da gente che non aveva viaggiato abbastanza. Hanno iniziato quell’affare senza le forze necessarie. Era persa in partenza. Napoleone è voluto andare in Russia per mandare all’aria i Russi. Hanno fatto lo stesso di Napoleone.
M_ Scrive qui?
LFC_ Mai qui. All’interno. In bottega. Scrivo… è una parola. “Lei scrive, Maestro?”, “Cosa ci sta preparando, Maestro?”, “L’ho capita, su…”, “Alla Sig.ra Gertrude che mi ha capito”. È un bel messaggio. Vanno proprio a braccetto. Ma tutti questi imbecilli della letteratura sono ricchi, loro.
M_ Sì, credo si guadagnino velocemente parecchi soldi…
LFC_Beh! Sapete che la NRF riceve 10.000 manoscritti all’anno e che pubblica 350 libri su quei 10.000, e di quei 350 libri, quanti crede che si vendano? Sono stampati in 3.000 copie. Quanto crede che si venda, di questa tiratura di 3.000? 300.
M_ Sì, è tutto o niente.
LFC_ Ma no, non è tutto o niente. Il genere Gide, prezioso, il genere madamalamarchesa è letteratura ricercata, vero? Ma non paga perché ci sono i mezzi d’informazione, c’è la fotografia, il cinema, e tutto il resto. Allora, nevvero, mica si vogliono spendere soldi, per la letteratura di lusso. È inumano. Quel libro è bello che defunto.
Traduzione di Valeria Ferretti