Invio alle persone che ammiro questo miracoloso testo di Benjamin che contiene l’autentico miracolo che è Kafka:
«Nella sua profondità Kafka tocca il fondamento che non gli da né il «sapere mitico presago» né la «teologia esistenziale». È il fondo del popolo tedesco come del popolo ebraico. Se Kafka non ha pregato – ciò che non sappiamo -, gli era propria, in altissima misura, ciò che Malebranche definisce «la preghiera naturale dell’anima»: l’attenzione. E in essa, come i santi nelle loro preghiere, egli ha compreso ogni creatura.
“Si narra che in un villaggio cassidico, una sera, alla fine del sabato, gli ebrei sedevano in una misera locanda. Erano tutti del posto, tranne uno, che nessuno conosceva, un uomo particolarmente miserabile e stracciato che se ne stava rannicchiato nello sfondo in un angolo buio. La conversazione si era aggirata sui più vari argomenti. D’un tratto uno pose la questione del desiderio che ognuno avrebbe formulato se avesse potuto soddisfarlo.
L’uno voleva del denaro, l’altro un genero, il terzo una nuova tavola da falegname, e così via in circolo. Dopo che tutti ebbero parlato, restava ancora il mendicante nell’angolo buio. Di malavoglia ed esitando rispose agli interroganti: « Vorrei essere un re potente e regnare in un vasto paese, e che mi trovassi a dormire una notte nel mio palazzo e che dal confine irrompesse il nemico e che prima dell’alba i cavalieri fossero arrivati davanti al mio castello e che non ci fosse resistenza, e che io, svegliato dallo spavento, senza neppure il tempo di vestirmi, avessi dovuto prendere la fuga in camicia, e inseguito per monti e per valli, boschi e colline, senza sonno e riposo, fossi giunto qui sano e salvo sulla panca nel vostro angolo. Ecco quello che vorrei». Gli altri si guardarono interdetti. «E che cosa avresti da questo desiderio?» chiese uno. «Una camicia», fu la risposta.”
Questa storia introduce profondamente nell’economia del mondo di Kafka. Non è detto infatti che le deformazioni che il Messia verrà un giorno a correggere siano solo deformazioni del nostro spazio. Sono anche deformazioni del nostro tempo.»