Nel novembre del 1974, dopo aver appreso che la sua amica e mentore, la critica cinematografica Lotte Eisner, era gravemente malata a Parigi e prossima alla morte, il regista tedesco Werner Herzog preparò immediatamente un borsone e iniziò a camminare verso di lei da Monaco, convinto che “sarebbe rimasta viva se fosse venuto a piedi”. Herzog arrivò tre settimane dopo e quando lo fece, esausto e battuto dalla bufera, scoprì che la Eisner aveva sfidato le probabilità ed era davvero viva (in realtà, visse per altri nove anni). Durante questa breve ma intensa odissea invernale, Herzog tenne un diario in cui documentava i suoi pensieri, i suoi incontri e i paesaggi che attraversava: una sorta di diario di viaggio ricco di riflessioni esistenziali e di crude riflessioni sulla resistenza umana. La seguente annotazione risale al 1° dicembre, una settimana dopo la partenza.
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Nel novembre del 1974, dopo aver appreso che la sua amica e mentore, la critica cinematografica Lotte Eisner, era gravemente malata a Parigi e prossima alla morte, il regista tedesco Werner Herzog preparò immediatamente un borsone e, partendo da Monaco, iniziò a camminare verso di lei, convinto che “sarebbe rimasta viva se fosse venuto a piedi”. Herzog arrivò tre settimane dopo e quando lo fece, esausto e stremato da una bufera, scoprì che la Eisner, contro ogni probabilità, era ancora viva (infatti visse per altri nove anni). Durante questa breve ma intensa odissea invernale, Herzog tenne un diario in cui documentava i suoi pensieri, i suoi incontri e i paesaggi che attraversava: una sorta di diario di viaggio ricco di riflessioni esistenziali e di crude riflessioni sulla resistenza umana. La seguente annotazione risale al 1° dicembre, una settimana dopo la partenza.
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Domenica, 1 dicembre
Un gatto quasi sdentato ulula alla finestra, fuori è nuvoloso e piove. È la prima domenica di Avvento e tra meno di tre giorni potrò raggiungere il Reno.
Per la prima volta c’era un po’ di sole, e pensai tra me e me che questo ti farà bene, ma ora la mia ombra era in agguato accanto a me e, poiché mi dirigevo verso ovest, spesso era anche davanti a me. A mezzogiorno, la mia ombra si rannicchiava lì, strisciante, intorno alle mie gambe, provocandomi in verità una tale ansia. La neve ha soffocato un’auto, era piatta come un libro, quest’auto. Gran parte della neve si è sciolta durante la notte, lasciando ampie chiazze in giro, e più in alto sulla collina si è formato un sudario di neve. Vasta campagna aperta, colline ondulate con boschi sparsi in mezzo, i campi di nuovo un po’ bruni. Lepri, fagiani. Un fagiano si comportava come un pazzo: ballava, girava, emetteva strani suoni, ma nessun compagno lo corteggiava. Mi ignorava come se fosse cieco. Avrei potuto afferrarlo con la mano, ma non lo feci. Piccoli ruscelli scorrevano lungo i prati in pendenza sopra il mio sentiero. Una sorgente sgorga in mezzo al sentiero, e più in basso il ruscello è largo come un lago. I corvi stanno lottando per qualcosa, uno di loro cade nell’acqua. Nel prato umido giace un pallone da calcio di plastica dimenticato. I tronchi d’albero vaporizzano come esseri viventi.
Su una panchina dopo Seedorf mi riposo a causa del mio problema all’inguine; lo sentivo durante la notte, ma non sapevo come posizionare la gamba. Passare la notte costa dodici marchi, compresa la colazione. Gli alberi abbattuti assumono una lucentezza argentea alla luce, sono fumanti. Verdoni, poiane. Le poiane mi hanno accompagnato fino a Monaco.