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William Burroughs inedito. Interviste

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È facile che una figura come quella di Willliam Burroughs si trasformi in “personaggio”. Un rischio reso ancora più facile dalla sua attitudine a maneggiare pistole e sparare, dalla sua dedizione inesausta per le sostanze stupefacenti – inclusa la droga più pericolosa della Terra, lo yage – dalla sperimentazione linguistica e alla costruzione e all’uso della dream machine. Una vita la cui complessità – e i cui tratti spesso sono stati nascosti da coni d’ombra – è stata spesso “illuminata” dallo stesso Burroughs grazie a dichiarazioni e interviste rilasciate alla stampa, o nel corso di conversazioni pubbliche e tavole rotonde.

Ed è attraverso questi “strumenti” che il critico Sylvère Lotringer ha curato questo Interviste di William Burroughs, uscito per la prima volta in italia da il Saggiatore nella traduzione di Silvia Albesano e B. Alessandro D’Onofrio. Interviste, infatti, costituisce un esteso racconto dell’autore composto attraverso il montaggio di interviste, conversazioni con i suoi amici – Allen Ginsberg, Gregory Corso e Brion Gysin – , incontri – tra cui quelli con David Bowie, Patti Smith e Cristopher Isherwood. Nei testi proposti nel volume Burroughs, ad esempio si discolpa dall’accusa di essere un pornografo, considera inutili alla creatività tutti gli oppiacei e i loro derivati, e sottolinea che le droghe che influiscono sulla coscienza – la cannabis, la mescalina, la psilocibina, gli allucinogeni – sono sì utili all’apertura delle aree psichiche, ma poi non sono certo d’aiuto per lo scrittore. L’obbiettivo più importante per uno scrittore spiega – è quello di dilatare e modificare la propria coscienza e quella dei lettori. Alla fine sono le sequenze di parole, e le immagini da esse generate, e la connessione tra parole e immagini nel cervello a sortire un effetto qui e ora.

Ma le interviste a Burroughs non si limitano certo a questi aspetti: sono un viaggio nella mente di William Burrough che penetra in mille altri temi: la politica, il rapporto con la vita e la morte, la dipendenza, il dominio esercitato dal “potere” sull’individuo.

E, se language is a virus, Interviste è una droga il cui merito indiscutibile è quello di farci penetrare in una mente. La mente di William Burroughs.

Paolo Melissi

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L’inizio è anche la fine di William Burroughs

1963

Non sono un tossicomane. Sono il tossicomane. Il tossico che ho inventato per dare spettacolo sulla via della roba. Sono tutti i tossici e tutta la roba del mondo. Sono robaccia e sarò per sempre un drogato. Adesso uso la roba come esempio. Estendilo. Sono la realtà e sono drogato di realtà. Dammi un vecchio muro e un bidone della spazzatura e io, maledizione, posso starmene lì per sempre. Perché sono il muro e sono il bidone della spazzatura. Voglio dire che mi serve un portatore umano. Non posso guardare niente. Sono cieco. Non posso stare da nessuna parte. Non ho niente su cui stare. E lascia che approfitti dell’opportunità per rispondere ai miei oppositori striscianti. Non è vero che odio la specie umana. La parola più esatta nella vostra spazzatura verbale è disgusto. Eppure devo vivere dentro e sui corpi umani. Una cosa insopportabile, lo vedi anche tu. Per farti un’idea più chiara, immagina di atterrare su un pianeta popolato di insetti. Sei cieco. Sei un tossico. Ma trovi il modo di farti portare la roba dagli insetti. Anche se stai lì da migliaia di anni, senti ancora quel disgusto di fondo per i tuoi servi, gli insetti. Lo senti ogni volta che ti toccano. Be’, è proprio così che mi sento io verso i miei servi umani. Di conseguenza, da quando sono arrivato, quasi cinquecentomila anni fa, ho avuto un unico pensiero. Quel che tu chiami la storia del genere umano è la storia del mio piano di fuga. Non voglio «amore». Non voglio perdono. Tutto quello che voglio è andarmene di qui.

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Cospirazioni spirituali

1970

Allen Ginsberg: Qual è, essenzialmente, la trama o il tema de La macchina morbida? William Burroughs: In gran parte, il libro è ambientato in un luogo mitico che ha qualche somiglianza con il Sudamerica, e anche con il pianeta Venere. Potrei dire che si occupa del conflitto tra i controllori e quelli che tentano di liberarsi del controllo.

E Nova Express?

Idem.

Che cosa distingue i due libri sul piano del tema, della trama o dello sviluppo del tema?

Nova Express… è più incentrato sul conflitto. La macchina morbida punta piuttosto a descrivere gli elementi del conflitto e l’ambientazione, che per certi versi corrisponde al pianeta Venere.

In Nova Express dai una descrizione più accurata della battaglia o delle tattiche vere e proprie?

In Nova Express ci sono più battaglie, più scene di guerra. La macchina morbida si concentra di più sullo scenario.

Il materiale di entrambi i libri è fuoriuscito dal Pasto nudo?

Sì, in tutt’e due c’è qualcosa che è fuoriuscito dal Pasto nudo.

E c’è anche del materiale che deriva dalla tua esperienza di quel periodo con il cut-up.

Proprio così.

E quale nuovo problema o tema, o costruzione simbolica, porta con sé Venere? Tutta la concezione di Venere?

È arrivata dopo Il pasto nudo. E nella Macchina morbida c’è anche un bel po’ di materiale narrativo che ha a che fare con la reincarnazione. È l’idea della Strada del Caso, dove non sai con certezza quale forma di reincarnazione ti toccherà. L’allegoria della Strada del Caso è una specie di lotteria, con la gente tra la vita e la morte, e chissà che cosa li aspetta nella reincarnazione che verrà.

E l’idea di Venere, è Eros, o l’Eros femminile?

No, no. Venere, quel tipo di paesaggio ecc., è stato un tema frequentato nella fantascienza, per un po’. E molti scrittori l’hanno assimilato al Sudamerica: uno scenario tropicale rigoglioso, brulicante di forme di vita esotiche e venefiche. Ricollegandomi a questo, potrei citare Furia, il romanzo di Henry Kuttner,32 che si svolge su Venere; ma nelle storie di fantascienza ci sono un sacco di esempi. E Il biglietto che esplose, che viene dopo Nova Express, è il culmine di tutto questo. Lì si conclude… No, affatto. Voglio dire che…

Che è una prosecuzione della battaglia?

Ecco, sì.

Oppure una prosecuzione della descrizione dell’ambiente? Be’, entrambe le cose. Direi che La macchina morbida e Nova Express si potrebbero quasi considerare la continuazione dello stesso libro, così quel che si dice dell’uno, vale anche per l’altro.

Pensavo che Il biglietto che esplose fosse una specie di conclusione – che fosse l’opera della Nova, o dell’esplosione stessa –, con la dissoluzione in un ronzio vibrante e silenzioso. Sì, quello c’è. Dovremo dire allora che Il biglietto che esplose chiude tutto quanto?

Dopo, certo, è venuto The Job.

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