Leggere Queer di William Burroughs, scrittore leggendario del Missouri, è come leggere due storie, quella dentro il libro e quella fuori dal libro, la storia “del” libro, la sua gestazione lunghissima, la prima stesura che risale al 1952, i dubbi, le esitazioni, i tagli, la pubblicazione avvenuta oltre trent’anni dopo, nel 1985. Queer fu scritto sotto l’effetto di droghe (una prassi, direte, per un autore della Beat Generation) a Città del Messico, dove Burroughs si era trasferito dal Texas per un increscioso incidente giudiziario. È un romanzo autobiografico e incompleto, e strambo come tutti i libri di Burroughs. In questi giorni Adelphi lo ripropone in una versione inedita e con una nuova veste grafica. Il titolo fu suggerito a Burroughs da Jack Kerouac, suo amico e convivente per diversi mesi. Quanto la poetica di Kerouac abbia influito nella stesura del testo è difficile stabilirlo, resta il fatto che di Queer sono esistite un paio di versioni. Sulla prima, almeno su quella, aleggia lo spettro della moglie dell’autore, uccisa da un colpo di pistola sparato dallo stesso Burroughs forse per errore. Senza quella morte, confesserà Burroughs qualche anno dopo, “non sarei mai diventato uno scrittore”, uno scrittore speciale e fuori dal comune, aggiungo io.
In Queer, che è il secondo romanzo di Burroughs, ritroviamo le prime tracce di una prosa originale, sorprendente (stavo per dire stupefacente), messa a punto con più mestiere nei libri successivi e definita “cut-up”. Partendo dall’idea che anche le parole sono immagini, il metodo consiste nel tagliare delle pagine di un testo per poi ricomporle in un altro testo. In poche parole, Burroughs rubava dai libri di altri autori per poi assemblare «pezzetti vividi di dettagli che svaniscono». Di cosa parla Queer. La trama, che non c’è – potete entrare nel racconto anche a pagina quaranta cambierebbe poco – è incentrata sulla relazione omosessuale tra Lee, alter ego di Burroughs, e Eugene Allerton. Nella prima parte del libro Lee è un tossico in astinenza molto attratto da Allerton. In lui non cerca un vero e proprio contatto, Allerton è piuttosto il pubblico delle sue esibizioni. Lee ha già scelto la scrittura come sua nuova forma di vita e Allerton è lo spettatore privilegiato dei suoi “numeri”. Intorno a questi due protagonisti giostra un’umanità sordida, che si muove in un’Interzona che va da Città del Messico a Panama. Lo scenario ricorda quello infimo, degradato della Brooklyn di Hubert Selby jr, altro outsider della letteratura, vissuto come lui nella morsa degli stupefacenti ma da squattrinato. Queer è un libro crudo e lucente sulla falsariga di Pasto Nudo, il capolavoro, il romanzo dal quale non si può prescindere per conoscere a fondo l’anima e l’impronta inclassificabile di Burroughs. Nessuno è come William Burroughs.