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Yet each man kills the thing he loves

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Ognuno uccide ciò che ama, ha detto Sergio Brancato, citando quel verso della Ballata del carcere di Reading di Wilde: «Yet each man kills the thing he loves». D’accordo, ma quel verso lo si prende davvero se si aggiunge un corollario che per me è questo: Ognuno alimenta la bestia che detesta. In “Uscite dal mondo” Zolla, a proposito di Uspenskij, e della sua fallimentare figura che nomina Ivan Osokin, lo spiega in un modo che è difficile migliorare: ognuno di noi è il proprio errore che si ripete finché si resta legati a un destino che quotidianamente riannodiamo e che segretamente desideriamo sebbene alla platea, piccola o grande che sia, tentiamo di raccontare il contrario. Non ho qui il libro ma ho trovato il frammento: «Ivan Osokin è ognuno di noi, finché si resti legati a un destino che noi stessi, nel profondo, si è annodato e giornalmente si va ritessendo, che segretamente si desidera».

La resurrezione, per dire una parola grossa, significa uscire dal proprio destino. Sembra facile (a dirsi).

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