108 rintocchi è il romanzo opera prima della scrittrice giapponese Yoshimura Keiko e si svolge sull’isola più piccola dell’arcipelago di Izu nei tre giorni che precedono il Capodanno. Tre giorni in cui tutti gli abitanti fanno ogni genere di manutenzione e di profonde pulizie in ciascuna abitazione per poterle liberare di tutte le negatività. I 108 rintocchi richiamati dal titolo sono quelli delle campane che nei templi di tutto il Giappone suonano il 31 dicembre a mezzanotte e simboleggiano i peccati terreni che, secondo la tradizione buddista, causano sofferenze e impedimenti agli esseri umani alla ricerca della felicità e della saggezza. Il suono emesso perdona i peccati dell’anno che sta finendo affinché non si protraggano in quello che sta per iniziare e invita alla preghiera per i nuovi propositi.
Protagonista di 108 rintocchi è Sohara, nato sessantun anni prima sull’isola allo scoccare dell’ultimo rintocco delle campane, e questo peculiare accadimento evidenzia quanto a lui sia riservato un ruolo del tutto speciale: è un protagonista magico che con la sua venuta al mondo, in quel preciso e simbolico istante, si proietta verso il proprio futuro che è al contempo un nuovo futuro per tutti.
Un andamento quieto e pacato quello che caratterizza questo romanzo che con ritmo costante e armonioso riesce a creare musicalità e un sentimento di estasi tra le sue pagine. Difatti, la prospettiva verso la quale si desidera indirizzare il lettore è volta a mostrare il sentimento di gioia che scaturisce dalla realizzazione della propria persona. Uno stato d’animo che – del tutto in contrapposizione alle dinamiche del mondo frenetico occidentale in cui si cerca quasi sempre di accaparrare qualcosa – qui può invece raggiungere l’obiettivo con un’attività di sottrazione e non con una che porti ad aggiungere alcunché. Un esempio su tutti, una sottrazione di desiderio quando ci si accorge che tutto ciò che si vorrebbe non è sempre realizzabile: “Non solo le affermazioni ma anche le negazioni creavano l’equilibrio dei sentimenti. Non è unicamente ciò che sogniamo e realizziamo ma anche ciò che ci è interdetto, vietato, reso impossibile dalle circostanze, a renderci felici”
C’è l’assoluta certezza che “Tutto si guasta, tutto si rompe. Si rompono sia le cose che le persone”, e Sohara, che fin da ragazzo è stato intraprendente e ha cercato il modo di aggiustare e sistemare gli oggetti, è da sempre il tuttofare dell’isola e tutti gli si affidano senza indugio. Lui ha la capacità di riparare ogni materiale e ogni cosa, senza che il proprietario dell’oggetto lo venga necessariamente a sapere, con il risultato di riuscire a infondergli gioia e stupore sinceri per aver ritrovato intatto un bene molto caro che temeva di aver perduto per sempre. Ma anche le persone si possono rompere e guastare interiormente, così Sohara cerca di confortarle concedendo loro tempo per ascoltarne i discorsi o gli incredibili silenzi quando il dolore sembra essere troppo intenso. “Lo faceva senza farsi scoprire (..) per la gioia pura e semplice che ricavava dal mettere a posto le cose. Senza saperlo, aveva finito per immettere nella comunità dell’isola un fatalismo gioioso, una fiducia riposta nei piccoli miracoli”
E ancora, questo mondo ideale e da fiaba vuole renderci partecipi del prodigio che accade sull’isola mostrandoci che, agendo con il cuore aperto senza attendere una contropartita o un riconoscimento, la comunità intera diverrà profondamente grata e non permetterà mai che si possa cadere in solitudine: proteggerà e sosterrà con tutte le forze la vita di Sohara – il suo viaggio dell’eroe – anche quando egli riceverà una lettera che gli porterà una tremenda notizia.
Una favola contemporanea, sì, certamente, ma dalle radici antiche. Un luogo incantato e magico che ci racconta anche del mare quando si infuria e non permette a nessuno di partire e lasciare le sue coste, e di un vulcano che tutto sovrasta e che potrebbe risvegliarsi all’improvviso. E in entrambi i casi c’è la possibilità di venire inghiottiti dalla furia degli eventi senza via d’uscita alcuna, tanto è limitato lo spazio di terraferma in cui si svolge la vita degli abitanti. Una superficie fisica perimetralmente limitata che, proprio a causa di ciò – o meglio grazie a ciò – riesce ad agevolare lo sviluppo di uno spazio verticale astratto, generato scendendo sempre più in profondità nell’animo umano, arrivando a estenderlo sino a infiniti confini, facendogli trovare tesori spirituali nascosti che possono illuminare la quotidianità di ciascuno con gioie inaspettate.
“Anche la vita più piccola può portare con sé una rivoluzione” è il messaggio appassionato dell’autrice divenuto realtà: perché Sohara è senza alcun dubbio riuscito a portare la sua, giorno dopo giorno, con dedizione e amore, con attenzione verso ciascun abitante e la comunità tutta.
Chiara Gilardi