Provare a rendere oggi letteratura – o, almeno, narrativa, – un albo a fumetti, è tra le cose più difficili che si possa fare, per svariati motivi.
In primis perché vige una sorta di pregiudizio verso le figure in genere perché l’intellighenzia cerca di distinguere bene tra ciò che è brutto visivamente, ma bello nel contenuto (come riflesso della propria immagine, si suppone) e rimane scettica su ciò che è figurativo, soprattutto in un libro.
In secondo luogo per la via intrapresa dall’economia del fumetto: molto commerciale, molto poco letteraria, in cerca di azione, di avventura, ma con alla base contenuti scontati se non, addirittura, alcun contenuto.
Per Scheletri, l’ultimo lavoro del romano Zerocalcare, non è così.
Siamo di fronte a un libro che si potrebbe dividere composto da molti pezzi, che danno una armonia e una continuità edificante all’insieme, sia dal punto di vista narrativo che dal punto di vista della trama.
Ma andiamo con ordine.
Se di Zerocalcare si può apprezzare qualcosa a prescindere, è che in Scheletri sotto la trama ascrivibile all’alveo del thriller, sono presenti almeno tre sottotrame.
La prima potrebbe essere quella di un romanzo psicologico-intimista, che consiste in un percorso di presa di coscienza del protagonista, il quale si sente diverso, disassato e lontano dal mondo. Si sente un uomo vittima di giudizi affrettati e si accorge di essere il primo giudice senza licenza degli altri.
La seconda sottotrama descrive Roma, in particolare Rebibbia, il quartiere dove Zerocalcare vive e dove, ovviamente, abita il suo protagonista.
Un luogo particolare, con le problematiche del quartiere di periferia.
La terza tratta di valori. Qui si potrebbe creare una sorta di romanzo rosa, nel senso che si vivono i saliscendi emotivi di ragazzi di vent’anni che vivono in una compagnia, dove amori, delusioni e gelosie la fanno da padrona.
Queste sono le sottotrame del romanzo – come dicevo per certi versi autonome, ma collegate inevitabilmente fra loro – capaci di renderlo più completo e più amalgamato.
Ma se dei pezzi di contorno del puzzle si è appena parlato, i tasselli centrali non possono che inserirsi nelle scelte linguistiche dei personaggi.
Sono pezzi centrali perché, è vero, Zerocalcare pare non inventarsi nulla.
Sono personaggi della sua vita, fatti e cose reali più o meno romanzate (almeno, questa è la parvenza).
In ultimo, il linguaggio. Un romanesco senza troppi fronzoli, crudo e tipico della sua parlata. Si tratta della cadenza con cui si esprime e che i suoi estimatori conoscono benissimo. Calza perfettamente alle vicende che vengono narrate, permettendo all’autore di evitare qualsivoglia forzatura linguistica. Tra le pubblicazioni contemporanee è comunque l’unico caso che viene in mente in cui il dialetto e il regionalismo stanno lì dove servono, lì dove non sono ostentazione e dove non sono forzatura.
La difficoltà di parlare di Scheletri è molta. Ma è anche necessario si esca dalla narrativa contemporanea, ora, soprattutto quella nostrana, ché poco ha a che fare con la letteratura e molto dialoga con l’economia. Forse aprendo gli orizzonti della letterarietà si trova qualcosa che possa finalmente dirsi degno, dallo Strega al Bancarella.
Lorenzo Bissolotti
Recensione al libro Scheletri di Zerocalcare, Bao publishing 2020, pagg. 280, € 21